lunedì 20 ottobre 2014

Il Cavaliere d'Inverno di Paullina Simons

L'amore e la passione ai tempi della guerra

a cura di Dora

Tempo fa mi è stato chiesto di consigliare ad un'amica un romanzo. Per qualche strana ragione un titolo in particolare mi è subito balenato in mente, Il Cavaliere d'Inverno di Paullina Simons. Ho pensato quindi di estendere il mio consiglio su “vasta scala”, primo perché trovo che sia un romanzo davvero molto bello e ben scritto, secondo perché questo mi permette di parlare ampiamente della storia, che non fa mai male.
Il Cavaliere d'Inverno è il primo romanzo di una trilogia composta da Tatiana e Alexander e Il Giardino d'Estate (per l'Italia in edizione BUR). Vado matta per le storie che abbracciano un arco di tempo molto ampio, più hanno da raccontare meglio è, mi piace perdermi nei dettagli soprattutto quando questi riguardano un determinato periodo storico o una città particolare, non soltanto sentimenti, emozioni o i rapporti tra le persone.
In questo romanzo c'è davvero tutto e non scherzo. C'è un periodo storico travagliato, la Seconda Guerra Mondiale, c'è la Russia, e in particolare Leningrado, un paese distrutto dagli avvenimenti bellici e spezzato come i corpi dei soldati caduti in battaglia. C'è la fame e c'è il dolore. C'è la rassegnazione di fondo che solo chi vive durante un conflitto può provare. Ci sono ragazzi cresciuti troppo presto, che moriranno ancora prima di diventare uomini, famiglie divise che non sembrano poter andare avanti, che si trascinano come l'ultimo raggio di sole di fine estate che si spegne proprio lì, alle porte dell'inverno. 
E poi c'è Tatiana. E c'è Alexander.
Lei poco più di una ragazzina dai capelli biondi e la pelle chiara. Lui un soldato dell'armata rossa, un uomo fatto e finito, dal passato tormentato.
Sembrano essere così diversi che nemmeno il destino può essere tanto folle da farli incontrare. Eppure si incontrano, proprio in un giorno qualsiasi di quella lunga estate che inizia a spegnersi quasi come la fiamma di una tremolante candela.
Si incontrano e si innamorano, ma l'amore non sembra essere fatto per la Leningrado del 1941, non dopo l'annuncio radiofonico dell'invasione tedesca. Non con i bombardamenti che aprono il cielo notturno facendo rimbombare l'aria. 
Forse, però, è l'amore la sola chiave per arrivare fino in fondo a una guerra che non risparmierà nessuno o, forse, sono solo Alexander e Tatiana ad aver bisogno di credere che quel loro amore basterà a proteggere tutto ciò che è a loro più caro come uno scudo impenetrabile.
In uno scenario fatto di morte e disperazione, Tatiana e Alexander provano a vivere quel sentimento che li unisce, ma che immancabilmente viene messo alla prova, non solo dalla guerra.

Per saperne di più sui libri e sull'autrice potete consultare il Sito Ufficiale di Paullina Simons, oppure un blog italiano dedicato alla scrittrice e ai suoi romanzi!
Intanto, per farvi venire l'acquolina in bocca, ecco un estratto dalle prime pagine del romanzo...

Buona lettura!

LIBRO PRIMO
LENINGRADO

Parte Prima
Il Diafano Crepuscolo
Capitolo 1
Campo di Marte
1

La luce del mattino entrò dalla finestra e inondò l’intera stanza. Tatiana Metanova dormiva il sonno dell’innocenza, della gioia irrequieta, delle calde notti bianche di Leningrado, del giugno profumato di gelsomino. Ebbra di vita, dormiva il sonno dell’intrepida giovinezza.
Non durò a lungo.
Quando i raggi del sole attraversarono la stanza fino ad arrivare ai piedi del letto, Tatiana si tirò le lenzuola sulla testa nel tentativo di tenere lontano il giorno incombente. La porta si aprì e il pavimento scricchiolò. Era Dasha, la sorella
maggiore.
Dasha, Dasha, Dashenka, Dashka.
La persona a cui Tatiana voleva più bene al mondo.
Ma in quel momento avrebbe voluto strangolarla. Dasha aveva deciso di svegliarla, e purtroppo riuscì nel suo intento. La scosse con le sue mani energiche e sibilò: “Psst!
Tania! Svegliati. Svegliati!”
Tatiana grugnì e la sorella sollevò il lenzuolo.
I sette anni di differenza tra loro non erano mai stati più evidenti come in quel momento in cui Tatiana voleva dormire, e Dasha, invece...
“Smettila”, borbottò, cercando di coprirsi di nuovo. “Non vedi che sto dormendo? Chi sei tu? Mia madre?”
La porta si aprì. Il pavimento scricchiolò ancora. Stavolta era davvero sua madre.
“Tania, sei sveglia? Alzati immediatamente.”
Non si poteva certo dire che avesse una voce melodiosa. Trina Metanova mancava di ogni dolcezza. Era piccola, energica, irascibile. Probabilmente aveva appena finito di lavare il bagno comune, inginocchiata a terra con il grembiule blu, e aveva ancora il fazzoletto in testa. La domenica la distruggeva.
“Cosa c’è, mamma?” chiese Tatiana, senza sollevare la testa dal cuscino. I capelli di Dasha, che si stava chinando per darle un bacio, le sfiorarono la schiena. Quel momento di tenerezza fu interrotto dalla voce stridula della madre.
“Alzati subito. Tra poco la radio darà un annuncio importante.”
“Dove sei stata, stanotte? Sei tornata molto più tardi dell’alba”, sussurrò Tatiana.
“Cosa ci posso fare se il sole sorge a mezzanotte? Sono tornata a quell’ora, e mi sembra più che rispettabile.” Sorrise.
“Dormivate già tutti.”
“L’alba è alle tre, e a quell’ora tu non eri ancora a casa.”
“Dirò a papà che, quando hanno alzato i ponti, sono stata sorpresa dall’altro lato del fiume.”
“Sì, brava. Spiegagli cosa stavi facendo sull’altra riva del fiume alle tre del
mattino.” Tatiana si voltò a guardarla. Quella mattina l’aspetto di Dasha la colpì in modo particolare: i capelli neri erano spettinati e grandi occhi scuri, che spiccavano su quel bel viso, mutavano continuamente espressione. In quel momento esprimevano una sorta di allegra esasperazione. Anche Tatiana era esasperata, ma era tutt’altro che allegra. Voleva solo continuare a dormire.
Lesse l’inquietudine sul volto della madre intenta a togliere le coperte dal divano.
“Quale annuncio?” ripeté.
“Tra pochi minuti il governo trasmetterà un comunicato. È tutto quello che so”, rispose la madre rassegnata.
Suo malgrado Tatiana era ormai del tutto sveglia. Un comunicato. Accadeva di rado che la musica venisse interrotta da un annuncio del governo.
“Forse abbiamo invaso di nuovo la Finlandia.” Si strofinò gli occhi.
“Zitta”, l’ammonì sua madre.
“O forse sono loro che hanno invaso noi. Rivogliono indietro i confini che hanno perduto l’anno scorso.”
“Non siamo degli invasori”, intervenne Dasha. “L’anno scorso siamo andati a riprendere i nostri confini. Quelli che avevamo perduto nella Grande Guerra. E dovresti smetterla di ascoltare le conversazioni degli adulti.”
“Non abbiamo perso i nostri confini”, ribadì Tatiana. “Il compagno Lenin li aveva ceduti di sua spontanea volontà.”
“Tania, non siamo in guerra con la Finlandia. Esci dal letto.” Lei si mosse. “E la Latvia, allora? La Lituania? La Bielorussia? Non è forse vero che ci siamo
impadroniti di quelle terre dopo il patto dell’anno scorso tra Hitler e Stalin?”
“Tatiana Georgievna, smettila!” Quando voleva farle capire che non era in vena di scherzare sua madre la chiamava col nome di battesimo seguito dal patronimico.
Tatiana assunse un’aria seria. “Cos’altro resta? Abbiamo già metà della Polonia.”
“Ho detto basta! Ne ho abbastanza dei tuoi giochetti. Giù dal letto. Dasha Georgievna, tira fuori tua sorella dal letto!” Dasha non si mosse.
La madre uscì dalla stanza brontolando.
Dasha si voltò di scatto verso la sorella e sussurrò in tono cospiratorio: “Devo dirti
una cosa”.
“Bella o brutta?” Dasha non le parlava quasi mai della sua vita da adulta.
“Una cosa straordinaria. Mi sono innamorata!”
Tatiana si lasciò cadere indietro sul letto levando gli occhi al cielo.
“Smettila!”, esclamò la sorella, saltandole addosso. “È una cosa seria.”
“Sì, d’accordo. L’hai conosciuto ieri quando hanno alzato i ponti?”
“Ieri è stata la terza volta.”
Tatiana scosse la testa. La gioia di Dasha era contagiosa.
“Vuoi lasciarmi stare?”
“No, non posso lasciarti stare.” Cominciò a farle il solletico. “Non finché non mi dici che sei felice per me.”
“Perché dovrei dirlo?” obiettò Tatiana con un sorriso. “Non sono felice. Smettila! Perché dovrei essere felice? Io non sono innamorata. Adesso piantala.”
La madre tornò in camera con un vassoio con sei tazze e un samovar d’argento.
“Smettetela subito, voi due. Mi avete sentita?”
“Sì, mamma”, disse Dasha, che continuava a fare il solletico alla sorella.
“Ahi!” gridò Tatiana. “Mamma, ho paura che mi abbia rotto le costole.”
“Fra poco vi romperò qualcos’altro io. Siete tutte e due troppo grandi per questi
giochi.”
Dasha fece la linguaccia.
“Davvero troppo grandi”, commentò Tatiana. “Ma la nostra mammina non sa che tu hai solo due anni.”
Dasha rimase con la lingua fuori. Tatiana allungò la mano e gliel’afferrò. Al grido stridulo della sorella la lasciò andare...

(© Paulinna Simons, Il Cavaliere d'Inverno, edizioni Bur – tutti i diritti riservati)

sabato 11 ottobre 2014

Sherlock Holmes: dalla Carta alla Pellicola

                 
a cura di Dora

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                    «Conoscenza della letteratura - Zero. 
          Conoscenza della filosofia - Zero.
Conoscenza dell'astronomia - Zero.
Conoscenza della politica - Scarsa.
Conoscenza della botanica - Variabile. Sa molte cose sulla belladonna, l'oppio, e i veleni in genere. Non sa niente di giardinaggio.
Conoscenza della geologia - Pratica, ma limitata. Distingue a colpo d'occhio un tipo di terreno da un altro. Rientrando da qualche passeggiata mi ha mostrato delle macchie di fango sui pantaloni e, in base al colore e alla consistenza, mi ha detto in quale parte di Londra se l'era fatte.
Conoscenza della chimica - Profonda.
Conoscenza dell'anatomia - Accurata, ma non sistematica.
Conoscenza della letteratura scandalistica - Immensa. Sembra conoscere ogni particolare di tutti i misfatti più orrendi perpetrati in questo secolo.
Buon violinista.
Esperto schermidore col bastone, pugile, spadaccino.
Ha una buona conoscenza pratica del Diritto britannico.
Capacità di usare la logica - Ottima.»

Questa è la prima descrizione diretta, anche se forse un po' affrettata, di uno dei personaggi più famosi della letteratura, scritta dalla mano del più fedele tra gli assistenti che un uomo possa mai avere. 
Imprevedibile, spocchioso, arrogante, distaccato, disinteressato, privo di qualsiasi empatia e con scarsissimi (se non nulli) rapporti sociali, ma dotato di una capacità deduttiva senza precedenti e da una logica sorprendente, Sherlock Holmes è forse uno dei più famosi, se non il più famoso, detective della storia, capace di risolvere casi complessi e intricati grazie all'ingegno e all'intelletto, suoi fidi compagni.
Nato dalla penna di Sir Arthur Conan Doyle nel lontano 1887, Sherlock Holmes fa la sua apparizione, un po' sottotono, nel romanzo Uno Studio in Rosso, il primo di una lunga e fortunatissima serie che comprende ben 56 racconti oltre che 4 romanzi (senza contare quelli da considerare apocrifi!), ma è con Il Segno dei Quattro a diventare davvero famoso, così acclamato da rendere il romanzo un vero e proprio caso letterario.
Il successo di questo personaggio che viene ricordato ben più dello scrittore, quasi oscurato dalla fama dell'ingegnoso detective, sta sicuramente nel fatto che è un uomo fuori dagli schemi, perfino antipatico per certi versi, proprio a causa di quell'enorme intelligenza che lo contraddistingue e che lo porta a osservare il mondo da una prospettiva che è preclusa alla maggior parte degli esseri umani.
Sherlock Holmes ha creato un vero e proprio metodo investigativo senza precedenti e si è guadagnato, di diritto, un posto nell'olimpo della letteratura gialla di tutti tempi, dando vita a quello che potrebbe essere definito un genere tutto suo, il giallo deduttivo, di cui è il padre, la massima istituzione. 
L'investigatore del 221B di Baker Street ha una fama talmente nota ed è diventato un personaggio così popolare che il suo mito continua ancora oggi, merito dei numerosissimi adattamenti cinematografici e televisivi che ne hanno fatto un'icona, un essere immortale.
Descrivere minuziosamente e con dovizia di particolari ogni apparizione su grande e piccolo schermo del nostro eroe sarebbe un'impresa titanica, mastodontica dato che sono veramente tantissimi, ma mi fa piacere ricordare alcune piccole chicche prima di arrivare ad un altro vero e proprio fenomeno mediatico che si frega del nome del detective.
Tutto ebbe inizio nel 1902 quando uscì il primo lungometraggio dedicato ai racconti di Conan Doyle e da quel lontanissimo anno il detective ne ha davvero fatta di strada: protagonista di una quantità di film sproporzionata (tra quelli più famosi si ricordano l'adattamento de Il Mastino dei Baskerville e Il Segno dei Quattro visto, riveduto e corretto in una moltitudine di versioni da far impallidire il cinefilo più attento), Sherlock vanta forse la più vasta produzione cinematografica capace di toccare anche l'animazione (è del 1986 Basil l'Investigatopo, cartone animato firmato Disney che omaggia nel nome del detective quello che è stato il più famoso volto di Holmes nel cinema, Basil Rathbone).
Di più recente produzione sono gli adattamenti di Guy Ritchie (2009-2011) con protagonista Robert Downie Jr. nei panni del detective, ora decisamente molto sexy oltre che sempre intelligente ed arguto, e un inedito Jude Law nei panni del fido Dottor Watson (a proposito, recentissima è la notizia del terzo episodio della premiata coppia, ne vedremo delle belle!). Lontani sono i tempi della parodia, seppur divertentissima, di Gene Wilder che interpreta il fratello, per altro più intelligente di Sherlock: il detective si fa uomo passionale, ma senza perdere quello speciale guizzo che lo rende unico, insuperabile, oltre che simpatico in quella sua distaccata arroganza.
Se il cinema ci ha offerto numerose interpretazioni della figura dell'investigatore più amato della storia, anche la televisione non è certo stata da meno, tanto da sfornare nel giro di pochissimi anni una moltitudine di serie tv tutte dal potenziale altissimo.
Anche l'Italia ha dato il suo contributo: nel 1968, alle ore 21:00 il secondo canale della RAI trasmetteva una miniserie dedicata al detective composta da due avventure di tre puntate l'una, non vi sto certo a dire che una delle due era dedicata al Mastino, elementare Watson!
Da quel giorno sono state tantissime le avventure dell'investigatore sul piccolo schermo, tante quante i racconti scritti da Conan Doyle, tutte pregevoli, tutte interessanti, alcune delle quali liberamente ispirate alle gesta e all'arguzia di Sherlock (sono solo io che l'ho notato, o il Dr. House assomiglia un pochino al nostro beniamino sia per modi che per intelligenza?), altre molto più affini ai romanzi e allo spirito di quell'Inghilterra descritta dall'autore.
Di tutte le serie prodotte fino ad oggi dedicate a Holmes, quella che forse è la più amata dal pubblico, anche grazie ad una mirabile regia e ad un ritmo serratissimo che non ti permette alcuna distrazione e che ti catapulta all'interno della narrazione, è sicuramente Sherlock firmata BBC che ha iniziato la sua messa in onda nel 2010 per un totale di nove episodi, della durata di 90 minuti circa, suddivisi in tre stagioni.
Nei panni dell'ingegnoso detective troviamo un fantastico Benedict Cumberbatch, perfetto nell'interpretazione di un uomo brillante, dalle tendenze sociopatiche, introverso, freddo, permaloso e calcolatore. il suo Sherlock è un perfetto connubio tra moderno e antico, un equilibrio mirabile di innovazione e fedeltà al prodotto creato da Conan Doyle.
Al suo fianco, sempre presente e fedele come al solito, c'è il Dottor Watson a cui dà il volto un famigerato attore, Martin Freeman, che tutti ricordiamo per l'interpretazione di Bilbo Baggins nella trilogia de Lo Hobbit firmata da Peter Jackson. Il suo dottore è un uomo comune, un soldato ferito in Afghanistan che ama l'azione, poetico nella sua tranquilla e pacata esistenza al limite dell'ordinario se non fosse per l'amicizia che lo lega a Sherlock, uomo decisamente straordinario.
I caratteri dei due personaggi, più che in tutte le altre serie che li vede protagonisti, sono una somma perfetta delle parti, un delicato ed elegante gioco di specchi capace di mostrare allo spettatore quanto umano può essere Sherlock e quanto ingegnoso può essere Watson, non certo sciocco e un po' stupido come Conan Doyle amava descriverlo, bensì quella perfetta controparte di Sherlock indispensabile per esprimere tutto il suo potenziale, tutto il suo carisma. Perchè Sherlock Holmes non sarebbe quel brillante e stupendo detective senza il suo inseparabile amico John Watson. Elementare!

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Per chi non vuole farsi sfuggire l'opportunità di avere l'intera collezione dei romanzi di Sherlock, la Newton Compton offre un'edizione davvero molto curata di tutti i racconti, riuniti in un unico tomo, il famigerato Mammut, contenente:

• Uno studio in rosso
• Il segno dei Quattro
• Le avventure di Sherlock Holmes
• Le memorie di Sherlock Holmes
• Il mastino dei Baskerville
• Il ritorno di Sherlock Holmes
• La Valle della Paura
• L’ultimo saluto
• Il taccuino di Sherlock Holmes





E non è finita qui. Per gli appassionati del detective britannico segnalo anche Il Giornale del Giallo, ricco di approfondimenti su Sherlock Holmes dalla letteratura al cinema, fino ad arrivare a piccoli suggerimenti per vivere, o rivivere, le avventure dell'investigatore con tour e visite guidate a musei dedicati. Insomma, da non perdere!
Se invece siete più interessati alla serie tv, vi consiglio di seguire la Pagina Facebook dedicata, così da non perdere nemmeno un aggiornamento!

giovedì 2 ottobre 2014

Nel Mondo delle Copertine

Quando l'occhio vuole la sua parte

a cura di Dora



Non giudicare mai libri dalla copertina. Se esiste un detto di questo genere è perché c'è un fondo di verità nascosto dietro queste parole!
Chi di non non l'ha mai fatto? Quante volte, mentre gironzolavamo in una libreria alla ricerca di qualcosa da leggere, siamo stati attratti da una copertina particolare capace di catturare la nostra attenzione? Succede a tutti. È normale. Forse perfino patologico. E chi studia le copertine dei romanzi lo sa perfettamente.
Ci hanno sempre detto che l'abito non fa il monaco, ma la verità è che l'occhio vuole la sua parte e non si può prescindere da questo fatto: se un libro ha una bella copertina siamo come costretti a prenderlo in mano, sfogliarlo, studiarlo e in quei minuti che occorrono per leggere la trama diventa inesorabilmente nostro.
La trama può essere scontata. Forse la storia non ci convince del tutto. C'è qualcosa di quel libro che non fa parte del nostro animo, che non ci appartiene eppure, se la copertina fa il suo lavoro (e molto spesso lo fa anche fin troppo bene), non riusciamo a toglierci dalla testa il volume: torniamo a casa, facciamo ricerche, magari cerchiamo anche di trovare informazioni utili, consigli da parte di altri lettori che possono finalmente convincerci che quel libro fa per noi. E nove volte su dieci il giorno dopo siamo nuovamente in libreria per compier il misfatto: compriamo il libro, non smettiamo di fissare la copertina, ci convinciamo che non può essere tanto male se ha un'immagine tanto bella e iniziamo a leggere.
A volte capita di prendere grandi cantonate con questo sistema. Altre, invece (e per fortuna!), scopriamo che non abbiamo poi fatto così male a farci tentare in quel modo dalla copertina.
È il potere delle immagini. La forza sottile che si nasconde dietro uno dei più potenti mezzi comunicazione che sfrutta un altrettanto potentissimo senso per far breccia nel nostro subconscio, la vista. 
Le immagini emozionano, spaventano, eccitano. Sanno parlare con un linguaggio che è tutto loro, che non ha bisogno di parole, ma che stranamente tutti noi conosciamo e cosa ancora più importante, le immagini comunicano qualcosa a livello universale, sono comprensibili a tutti e ne siamo soggiogati proprio per questo: ne comprendiamo il significato, sappiamo assaporare la loro bellezza e non riusciamo a fare a meno di possederle, di volerle tutte per noi.
Non è molto diverso nel caso delle copertine dei romanzi: sono il biglietto da visita di un libro, parlano per lui ancora prima che le parole scritte sulla carta possano farlo. Lo descrivono. Lo definiscono. E noi, che non siamo mai stati immuni a questo fascino, subiamo la loro attrattiva.
Le immagini sono come le sirene che Ulisse ha incontrato nel suo lungo viaggio verso casa: hanno una voce splendida, suadente. Sanno irretirci e sorprenderci. A volte sono perfino capaci di spiegare in modo diretto e decisivo qualcosa, un sentimento, un'emozione, uno stato d'animo ed è per questo che ci piacciono. Posso essere anche immagini brutte, ripugnanti, ma l'occhio non può fare a meno di assorbirle e, nel farlo, ci sottomette un po' al loro potere.
Sembra quasi una cosa brutta, ma non è così. Quello delle immagini è solo un linguaggio, il più primordiale tra tutti ed è proprio per questo che ne siamo assoggettati. È un po' come se fosse scritto nel nostro DNA e quando una cosa ce l'abbiamo nel sangue, difficilmente possiamo accantonarla, metterla da parte. Fa parte di noi e non può essere cancellata.
È proprio questo legame quasi atavico con l'immagine che ha reso fondamentali le copertine all'interno del processo di distribuzione di un romanzo: sono due essenze distinte, questo è vero, ma non possono vivere l'una senza l'altra.
Recentemente sul canale di Sky dedicato all'arte, mi sono imbattuta proprio in un documentario davvero molto interessante riguardante l'argomento e sono rimasta colpita da un aspetto molto curioso: anche quando le copertine sono molto semplici, magari perfino senza immagini, hanno un loro valore fondamentale. A tal proposito si vedano le vecchie copertine della Penguin Book recanti solo l'autore, il titolo, il logo della casa editrice ed una banda colorata su sfondo panna che definiva il genere del romanzo. Anche in questo caso era la copertina a farla da padrone perché raccontava tutto quello che bisognava sapere di questo libro: genere d'appartenenza, titolo, autore e il fatto che si trattasse di un Penguin (altra garanzia non indifferente!).
Oggi le copertine si sono fatte sempre più particolari, sofisticate, ma non dobbiamo dimenticare che nel corso degli anni ci si è spesso avvalsi della collaborazione di artisti di fama internazionale per le illustrazioni dei romanzi. È un vero e proprio business, non ci sono altri termini per descriverlo ed è sempre alla ricerca di nuove forme comunicative capaci di sorprenderci e, ovviamente, di stregarci.
Un esempio tra tutti è quello che spinge le case editrici a modificare una copertina a seguito della trasposizione cinematografica del libro. È una cosa che, soprattutto negli ultimi tempi, sta andando di gran moda, ma se da una parte è un grande richiamo di pubblico a livello trasversale e a doppio senso (sia pubblico letterario che cinematografico), dall'altro sembra essere anche una scelta un po' forzata, quasi un voler identificare il romanzo con il suo gemello di cellulosa. (Tutto è opinabile, ovviamente, ma sarei curiosa di sapere la vostra a riguardo!)
I libri hanno una loro forza, una specifica peculiarità. Forse si dovrebbe smettere di dare così peso a quello che la copertina mostra cercando di andare più in profondità, nel cuore stesso del romanzo ed è questa strada che sembra aver deciso di intraprendere una libreria di New York che, proprio per non dare troppo peso all'immagine, ha deciso di incartare i romanzi in semplice carta da pacco, scriverci sopra il titolo ed alcune informazioni sulla trama, rendendoli però quasi anonimi, libri come tanti, un modo come un altro per ridare la voce al romanzo e solo a lui, non solo alle immagini.
Ma, dopotutto, anche la copertina ha una sua storia e dietro di essa ci si possono leggere tantissime cose, si possono vedere un'infinità di mondi e allora è giusto darle il suo piccolo angolo di gloria, anche quando ci fa comprare un libro che resterà per sempre lì, in una libreria polverosa dentro la nostra stanzetta, guardandoci con fare sornione quasi a dire: ho vinto io!

Se vi interessa approfondire l'argomento riguardante le immagini e il loro potenziale, c'è un libro davvero molto bello (e consigliatissimo) che parla proprio di questo vastissimo quanto affascinante argomento.

Il Potere delle Immagini. 
Il mondo delle figure: reazioni e emozioni del pubblico.
David Freedberg
Un viaggio attraverso la cultura visiva non solo occidentale senza escludere nessun materiale, dagli ex voto piú elementari che ci giungono dall'antichità ai manifesti pubblicitari dei nostri giorni, dalle maschere africane alle fotografie. Quello che conta sono i significati che, nel corso dei secoli, l'immaginazione popolare ha attribuito a certe rappresentazioni, che diventavano cosí capaci, a seconda dei casi, di fare miracoli, eseguire incantesimi o stregonerie, eccitare sessualmente o indurre alla meditazione mistica. 
Ne deriva non solo un'originale rilettura della tradizione visiva, ma anche un'interpretazione dell'arte destinata a far discutere.


Invece, per restare in tema di copertine che cambiano il loro aspetto dopo l'uscita del film, ecco alcune proposte di lettura di vario genere che hanno subito tale mutamento. Gli esempi si sprecano, ovviamente, perciò ho scelto romanzi con trasposizioni abbastanza recenti, E a voi, quale copertina vi emoziona di più? Inutile dire che io sto con l'originale, sono tradizionalista, ormai si sa!


La Custode di Mia Sorella

Jodi Picoult
Anna non è malata ma è come se lo fosse. A tredici anni è già stata sottoposta a numerosi interventi chirurgici, trasfusioni e iniezioni in modo che la sorella maggiore Kate possa combattere la leucemia che l'ha colpita in tenera età. Anna è stata concepita con le caratteristiche genetiche per poter essere donatore di midollo per sua sorella, ruolo che non ha mai messo in discussione ma che ora le diventa, di colpo, insostenibile. Perché nessuno le chiede mai il suo parere? Anna prende una decisione per molti impensabile e che sconvolgerà la vita di tutti i suoi cari: fa causa alla sua famiglia. Un romanzo su un tema difficile e doloroso.


Storia di una Ladra di Libri
(prima La Bambina che Salvava i Libri)
Markus Zusak
È il 1939 nella Germania nazista. Tutto il Paese è col fiato sospeso. La Morte non ha mai avuto tanto da fare, ed è solo l'inizio. Il giorno del funerale del suo fratellino, Liesel Meminger raccoglie un oggetto seminascosto nella neve, qualcosa di sconosciuto e confortante al tempo stesso, un libriccino abbandonato lì, forse, o dimenticato dai custodi del minuscolo cimitero. Liesel non ci pensa due volte, le pare un segno, la prova tangibile di un ricordo per il futuro: lo ruba e lo porta con sé. Così comincia la storia di una piccola ladra, la storia d'amore di Liesel con i libri e con le parole, che per lei diventano un talismano contro l'orrore che la circonda...


Io Sono Leggenda
Richard Matheson
Robert Neville torna a casa dopo una giornata di duro lavoro. Cucina, pulisce, ascolta un disco, si siede in poltrona e legge un libro. Eppure la sua non è una vita normale. Soprattutto dopo il tramonto. Perché Neville è l’ultimo uomo sulla Terra. L’ultimo umano sopravvissuto, in un mondo completamente popolato da vampiri. Nella solitudine che lo circonda, Robert esegue la sua missione, studia il fenomeno e le superstizioni che lo circondano, cerca nuove strade per lo sterminio delle creature delle tenebre. Durante la notte se ne sta rintanato nella sua roccaforte, assediato dai morti viventi avidi del suo sangue. Ma con il sorgere del sole è lui a dominare un gioco crudele e di meccanica ferocia, scandito dalle luci e dalle ombre di un tempo sempre uguale a sé stesso e che impone la ripetizione di un rituale sanguinario.
In questo mondo Neville, con la sua unicità, si è già trasformato in leggenda.


Shadowhunters. Città d'Ossa
Cassandra Clare
La sera in cui la quindicenne Clary e il suo migliore amico Simon decidono di andare al Pandemonium, il locale più trasgressivo di New York, sanno che passeranno una nottata particolare ma certo non fino a questo punto. I due assistono a un efferato assassinio a opera di un gruppo di ragazzi completamente tatuati e armati fino ai denti. Quella sera Clary, senza saperlo, ha visto per la prima volta gli Shadowhunters, guerrieri, invisibili ai più, che combattono per liberare la Terra dai demoni. In meno di ventiquattro ore da quell'incontro la sua vita cambia radicalmente. Sua madre scompare nel nulla, lei viene attaccata da un demone e il suo destino sembra fatalmente intrecciato a quello dei giovani guerrieri. Per Clary inizia un'affannosa ricerca, un'avventura dalle tinte dark che la costringerà a mettere in discussione la sua grande amicizia con Simon, ma che le farà conoscere l'amore.


Colpa delle Stelle
John Green
Hazel ha sedici anni, ma ha già alle spalle un vero miracolo: grazie a un farmaco sperimentale, la malattia che anni prima le hanno diagnosticato è ora in regressione. Ha però anche imparato che i miracoli si pagano: mentre lei rimbalzava tra corse in ospedale e lunghe degenze, il mondo correva veloce, lasciandola indietro, sola e fuori sincrono rispetto alle sue coetanee, con una vita in frantumi in cui i pezzi non si incastrano più. Un giorno però il destino le fa incontrare Augustus, affascinante compagno di sventure che la travolge con la sua fame di vita, di passioni, di risate, e le dimostra che il mondo non si è fermato, insieme possono riacciuffarlo. Ma come un peccato originale, come una colpa scritta nelle stelle avverse sotto cui Hazel e Augustus sono nati, il tempo che hanno a disposizione è un miracolo, e in quanto tale andrà pagato.